«È accaduto qua, mica al congresso della Cgil! Alcune organizzazioni sindacali hanno la controparte bancaria come main sponsor il 1° maggio, ma il contratto si fa qua, al congresso della Fabi!»
La provocazione di Daniele Capezzone, che esplode durante la tavola rotonda condotta da Nicola Porro, rompe gli schemi e scatena l’applauso della platea, diventando uno dei “momenti da ricordare” della seconda giornata congressuale Fabi.

Prosegue infatti, all’Ergife Palace Hotel di Roma, la kermesse di tavole rotonde, dibattiti e confronti, organizzata dal primo sindacato del credito, sui temi più importanti per il futuro delle banche, dei lavoratori bancari, della clientela, dell’intera collettività.

Martedì 13 i lavori partono con una approfondita analisi sul valore e l’importanza del Fondo pensione di Intesa Sanpaolo: ad esporla alla platea è il segretario generale aggiunto Mauro Bossola.
Numeri importanti quelli che raccontano il fondo: oltre 125mila gli aderenti, di cui 34mila fiscalmente a carico, per quasi 9 miliardi di euro di patrimonio, queste le cifre raggiunte dopo la fusione dei fondi provenienti dal Gruppo UBI. 500 milioni di investimenti in economia reale di cui il 60% in Italia, esclusione totale di titoli di produttori di armi e focus sui settori controversi (come tabacco e sale da gioco). Infatti, come tiene a sottolineare Bossola, «tutti i comparti del Fondo hanno un rating di sostenibilità uguale o migliore dei rating di settore».
Nonostante un 2022 difficile da molti punti di vista, compreso quello dei mercati finanziari, i primi quattro mesi dell’anno in corso vedono il ritorno ad una remunerazione positiva per tutti i comparti: «Si tratta di un buon auspicio per l’anno in corso, che non deve, però, far abbassare l’attenzione sulla migliore strategia di difesa, anche nel lungo periodo, del risparmio previdenziale dei colleghi e delle colleghe», conclude il Segretario generale aggiunto.

Si entra poi nel vivo dei lavori con la prima tavola rotonda in programma, “Il credito cooperativo nel contesto italiano ed europeo”.
Moderati dal caporedattore di Class Cnbc Jole Saggese, prendono posto il presidente Federcasse Augusto Dell’Erba e il vicepresidente Federcasse Matteo Spanò. A confrontarsi con loro, il padrone di casa, il segretario generale Lando Maria Sileoni, affiancato dal segretario nazionale Luca Bertinotti, il coordinatore Fabi Iccrea Piergiuseppe Mazzoldi, il coordinatore Fabi Ccb Domenico Mazzucchi, il coordinatore Fabi Federazione Raiffeisen Ulrich Untersulzner.
Dell’Erba fa subito una fiera considerazione d’insieme sulle banche di credito cooperativo: «C’è chi pensava che il modello di impresa delle Bcc era superato e romantico e che c’era debolezza e invece quella del credito cooperativo si è rivelata una formula bancaria efficace». Così esordisce il presidente di Federcasse. E continua: «Il credito cooperativo ha pagato le crisi degli altri, da Mps al fondo di risoluzione, ma abbiamo i maggiori indici di patrimonio Cet1. Il credito cooperativo ha dimostrato una straordinaria capacità di declinare la riforma in modo efficiente».
Il credito cooperativo, ha continuato Dell’Erba, «ha costruito i due gruppi bancari e ha versato all’ente di risoluzione europeo, ha versato per Mps e al fondo di risoluzione europea per le garanzie incrociate al nostro interno. Nella norma di riforma c’era anche la possibilità di aprirsi a capitali esterni in caso di necessità, ma non ce n’è stato bisogno».
Riguardo la parte economica del nuovo contratto di settore, la posizione di Federcasse è favorevole alle migliorie in busta paga: «Tutte le piattaforme, da che mondo è mondo, nelle relazioni sindacali prevedono miglioramenti al trattamento economico dei dipendenti delle banche, quindi è normale che ciò avvenga anche con questo contratto».
«I contratti – ha aggiunto – si chiamano collettivi perché rispondono ad esigenze collettive e questo concetto di collettivo nel nostro contratto è ancora più ampio perché noi rappresentiamo come avete sentito questa mattina una componente rilevante e numerosa del sistema bancario, che al proprio interno contiene specifiche diversità che devono trovare composizione nel contratto collettivo. Quindi – ha sottolineato – noi dobbiamo fare sintesi tra queste diverse esigenze. Valuteremo la misura di queste richieste, non ci siamo mai sottratti agli adeguamenti che i tempi ci hanno chiamato ad attuare, ma lo faremo in una logica di interesse appunto collettivo della categoria».
Federcasse vorrebbe, pertanto, mantenere il contratto di lavoro del credito cooperativo separato da quello delle banche Spa perché, come spiega Dell’Erba, «credo che sia dal 1963 che stipuliamo un contratto di categoria nostro, perché questo contratto è un contratto di un mondo specifico. Noi siamo diversi perché mentre la gran parte delle banche ha natura giuridica di Spa, noi abbiamo una natura giuridica molto specifica, unica in Europa, che quella della cooperazione a mutualità prevalente che è la specificità nella specificità, perché già la cooperazione rappresenta un modello abbastanza specifico, quando poi diventa mutualità prevalente diventa ancora più specifico». Una specificità riconosciuta nel testo unico che, appunto, prevede questo modello di banche: «La finalità di queste banche è diversa strutturalmente, il contratto deve dare riscontro a queste diverse motivazioni». Il presidente di Federcasse ha quindi concluso ricordando come anche il sindacato maggiormente rappresentativo nel credito cooperativo, la Fabi, è a favore di due contratti separati.
Decisa, infatti, la dichiarazione del leader Fabi a riguardo: «Noi siamo per la separazione netta dei contratti. Crediamo sia assolutamente meglio conservare il contratto di lavoro nazionale del credito cooperativo, separato da quello bancario» E aggiunge: «La decisione del contratto unico potrebbe passare solo nel caso in cui la Bce dovesse decidere di creare un unico gruppo».
A continuare a tenere incollati alle poltrone i numerosi ospiti in sala, è poi il confronto aziendale “Iccrea, Cassa centrale banca e Federazione Raiffeisen”.
Si interfacciano con Sileoni il responsabile relazioni industriali Iccrea Massimiliano Calvi, il responsabile relazioni sindacali e welfare Ccb Pasquale Del Buono, il vicedirettore generale Federazione Raiffeisen Christian Tanner. Restano sul palco il coordinatore Fabi Iccrea Piergiuseppe Mazzoldi, il coordinatore Fabi Ccb Domenico Mazzucchi, il coordinatore Fabi Federazione Raiffeisen Ulrich Untersulzner.
Segue un ulteriore confronto aziendale, protagonista è adesso il gruppo bancario Intesa Sanpaolo.
Il numero uno Fabi incontra il responsabile Affari istituzionali sindacali Intesa Sanpaolo Alfio Filosomi, in un confronto moderato dal caporedattore TgLa7 Frediano Finucci. Per la federazione, partecipano il segretario nazionale Mattia Pari e il coordinatore Fabi Intesa Sanpaolo Paolo Citterio.
Il “vivace dialogo” tra Sileoni e Filosomi caratterizza l’incontro.
Il leader Fabi, rivolto a Filosomi: «L’attività sindacale non può essere considerata come una partita a poker, con un giocatore di fronte all’altro e il banco che guadagna: quando, nel tuo gruppo, vedo organizzazioni sindacali che sono sempre pronti e disponibili, io il sospetto, qualche dubbio che qualcuno stia giocando a poker, me lo pongo».
Il responsabile Affari sindacali Intesa ci tiene a rassicurare Sileoni: «Se anche fosse una partita a poker, l’importante è non barare mai».
Sileoni rimarca il ruolo determinante della Fabi, riconosciuto peraltro da tutti i banchieri accorsi al congresso: «Fa, invece, molto rumore se la Fabi non firma un accordo, perché le banche, senza la Fabi, non vanno da nessuna parte».
E, con un ultimo inciso, Sileoni scatena l’applauso del pubblico: «Ti voglio fare una domanda: secondo te, perché Messina, ieri, ha scelto il congresso Fabi per dire che i soldi vanno dati, tutti, ai lavoratori bancari, sul contratto?»

Alla tavola rotonda dedicata ai “Rapporti ed equilibri tra politica e finanza” sale sul palco il conduttore e giornalista Nicola Porro. Con Sileoni, prendono posto l’editorialista de La Verità Daniele Capezzone, il docente della Sda Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè, dell’Università Cattolica Carlo Cottarelli, il direttore responsabile del Giornale Augusto Minzolini, il direttore responsabile Wall Street Italia Leopoldo Gasbarro.
Memorabile l’intervento di Capezzone, che lancia un assist alla Federazione: «Voi avete rifatto il contratto, ieri, qua, è un trionfo vostro! Complimenti a Lando Sileoni! È accaduto qua, mica a un congresso della Cgil! Alcune organizzazioni sindacali hanno la controparte bancaria che fa da main sponsor il 1° maggio, ma il contratto poi si fa qua, al congresso della Fabi!»
Secondo Gasbarro, i prossimi anni dovranno essere un importante percorso di educazione finanziaria a famiglie e imprese. Il direttore di Wall Street Italia sottolinea la centralità del tema del risparmio degli italiani, specie in una società che sta invecchiando e che sempre più avrà bisogno di assistenza, di sicurezze: «Sono temi che vanno gestiti correttamente, anche questa è educazione finanziaria».

Per “Le banche italiane e l’Europa” entra in scena lo chief executive officer di Unicredit Andrea Orcel, in un confronto con il giornalista del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, l’editorialista Osvaldo De Paolini, il caporedattore di Repubblica Walter Galbiati.
Con Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi, a moderare sale sul palco il giornalista Nicola Porro.
Dopo le aperture del numero uno di Intesa Sanpaolo, riconfermate proprio ieri durante la partecipazione di Carlo Messina al Congresso Fabi, il ceo di Unicredit sembra frenare, invece, sugli aumenti di stipendio chiesti dalla categoria. Almeno sul metodo: «non c’è dibattito su principio ma su come conseguire l’obiettivo, ogni realtà è diversa», queste le parole di Orcel. Incalzato da Nicola Porro, Andrea Orcel si rivela particolarmente cauto con le parole: «Siamo ancora nel Casl – l’organo Abi che gestisce le trattative sindacali – non mi sembra corretto anticipare. Abbiamo preso questa strada e la seguiremo fino in fondo».
Orcel aggiunge poi: «Unicredit investe sulle persone e non chiude filiali», ricordando che l’azienda ha riconosciuto un bonus inflazione da 100 milioni alle fasce più basse della popolazione, e che la remunerazione deve essere considerata “a tutto tondo”. Secondo il banchiere, le persone vanno messe al centro e occorre ascoltare anche le loro richieste: «un avanzamento di carriera può essere molto meglio di 435 euro di aumento».
Cautela da parte del numero uno Unicredit anche sul tema delle aggregazioni: «In questo momento ogni banca italiana ha la sua strategia e questo non permette facilmente acquisizioni o fusioni, non ci sono i numeri, né le intenzioni». E, riguardo l’opportunità fallita nel 2021 di rilevare Mps: «le due reti erano, sono, complementari e avrebbe funzionato alle condizioni giuste».
A proposito della regolamentazione bancaria: «Se noi teniamo le regole che abbiamo adesso, inserite in un contesto di buon management, allora andiamo lontano». Secondo il banchiere, sarebbe invece utile un allineamento, al momento mancante, della regolamentazione a livello internazionale.

Per i confronti aziendali, si prosegue con BancoBpm e Monte dei Paschi di Siena.
Moderato dal caporedattore del TgLa7 Frediano Finucci, il dibattito vede protagonisti l’head of human resource BancoBpm Roberto Speziotto, il coordinatore Fabi BancoBpm Paolo Fontana, lo chief human capital officer Mps Roberto Coita, il vicecoordinatore Fabi Mps Guido Fasano, il segretario nazionale Fabi Giuliano Xausa. Sempre presente al tavolo dei confronti, il numero uno della Fabi, Sileoni.
Il focus sulla banca più antica del mondo parte dalla sintesi dell’ultimo piano industriale, presentato esattamente un anno fa. Coita, riprendendo le parole di Lovaglio del giorno precedente, ricorda che è un piano nato con la fattiva collaborazione delle organizzazioni sindacali. Un piano che avrebbe garantito un futuro solido per la banca, sebbene non nel breve periodo.

Con Speziotto di Banco Bpm si entra in merito ai mutui concessi ai lavoratori bancari a tasso zero, e poi spaventosamente ricalcolati a tassi spesso incontenibili.
L’andamento del settore dei mutui e dei prestiti sta subendo infatti una significativa trasformazione negli ultimi mesi, a causa degli aumenti sui tassi imposti dalla Bce, con ripercussioni significative sia per le famiglie che per le imprese.
Sileoni ricorda come la Fabi abbia mosso sin dall’inizio più parlamentari, di diversi orientamenti politici, e che questi abbiano presentato emendamenti in proposito.
«Ma il problema è quello dei fringe benefit – sottolinea Sileoni – perché non ci troviamo più in un settore bancario in cui le banche avevano più o meno stessa dimensione e stesso modo di operare: è scattata una competizione che nessuno di noi avrebbe mai immaginato anche solo un anno fa. E c’è, soprattutto, una distanza abissale tra il mondo reale e quello virtuale, in cui non si è a conoscenza delle difficoltà che le famiglie vivono, che i lavoratori vivono, che le imprese vivono».

“Le piccole banche sono necessarie”: ne espone le motivazioni l’amministratore delegato di Banca del Piemonte Camillo Venesio, protagonista della tavola rotonda successiva centrata proprio sull’importanza dei piccoli istituti e della biodiversità del credito.
Con lui, prendono posto sul palco, insieme al segretario generale della Fabi, il direttore editoriale di Formiche Roberto Arditti e la giornalista Camilla Conti de La Verità, in un dibattito moderato dal caporedattore di Class Cnbc Jole Saggese.
Secondo Venesio, è sbagliata la definizione di “piccole banche”: «Più corretto definirle “local significant”: significanti a livello locale, sono banche che hanno e continueranno ad avere un ruolo importante, specie in un’economia come quella italiana.
L’Italia, dopo la Germania, è la seconda nazione per produzione manufatturiera e per esportazione; il 95% delle imprese hanno meno di 10 dipendenti, questa è l’economia italiana.
Piccole e medie imprese producono in Italia oltre il 70% del fatturato del Paese, contribuendo a impiegare oltre l’81% dei lavoratori: ecco perché è bene per l’economia italiana che ci siano le piccole e medie banche».
Riguardo gli aumenti salariali richiesti dai sindacati in piattaforma, questa la posizione di Venesio: «Ho assistito con attenzione e profondo rispetto agli interventi del ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina e dell’ad di Unicredit Andrea Orcel. La questione degli aumenti salariali richiesti dai sindacati in occasione del rinnovo del Ccnl si affronta nel Casl Abi, dove una soluzione la troveremo».

Il confine tra credito e assicurazioni è il tema della successiva tavola rotonda. In diretta da New York, collegamento video con il presidente di Unipol group Carlo Cimbri, intervistato dal capo redazione di Tgcom24 Alan Patarga.
Partecipano al dibattito, insieme a Lando Maria Sileoni, il caporedattore del Messaggero Christian Martino, il caporedattore del Giornale Marcello Zacché, il caporedattore di Verità&Affari Gianluca Paolucci, la giornalista di Mf Milano Finanza Anna Messia.
In merito alla situazione in Eurovita, questa la dichiarazione di Cimbri: «Non vedo un rischio sistemico per il sistema italiano: non c’è un rischio come in altre occasioni, penso alla crisi del debito sovrano, o alle crisi delle banche, o alla creazione del Fondo Atlante, che erano situazioni con riflessi sistemici. Per quanto riguarda Eurovita, parliamo di una compagnia di piccole dimensioni, alla quale circa 400mila persone hanno affidato i propri risparmi, ma ciò non toglie che intervenire per tutelare il risparmio è doveroso per chi opera nel sistema bancario e assicurativo italiano».
In linea con i banchieri che lo hanno preceduto, anche Carlo Cimbri sembra aver raccolto quell’invito alla prudenza lanciato nei giorni scorsi dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco mentre appare più lontano anche il ricorrente affaire Mps per la creazione del terzo polo.
Netto nelle sue dichiarazioni il presidente di UnipolSai, che trova poco rispettoso per Mps questo «continuo affannarsi sui destini del povero Monte», appoggiando di fatto l’Ad di Siena Lovaglio che aveva affermato come la banca “non andasse svenduta” in fretta. Riguardo l’ipotesi di nozze con Bper, Cimbri ha ribadito «come azionista, che il percorso di Bper non è legato a Mps ma alla sua propria strategia, come ieri al congresso Fabi l’Ad Montani ha detto di portare avanti».

Altri gruppi bancari, nuovo confronto aziendale: entrano in scena Bper, Crédit Agricole Italia e Bnl Bnp Paribas, in un dibattito moderato dal caporedattore di Class Cnbc Janina Landau.
Partecipano, con il numero uno Fabi, lo chief human resource officer Bper Giuseppe Corni, il group head of HR services and job policy Bper Andrea Merenda, la coordinatrice Fabi Bper Antonella Sboro; il responsabile direzione relazioni sociali e politiche di remunerazione Crédit Agricole Italia Gianluca Reggioni, la coordinatrice Fabi Crédit Agricole Italia Cinzia Losi; il responsabile relazioni industriali Bnl Bnp Paribas Carlo Fazzi, il delegato Segreteria naz. Fabi in Bnl Bnp Paribas Luigi Mastrosanti, il coordinatore Fabi Bnl Bnp Paribas Fabio Armeni.

Ultimo confronto aziendale in programma, quello su Unicredit.
Con Sileoni, partecipano al dibattito, di nuovo moderato da Janina Landau, l’head of labour policies Unicredit Emanuele Recchia, il coordinatore Fabi Unicredit Stefano Cefaloni, il segretario nazionale Fabi Mauro Morelli.

La giornata si conclude con l’intervento del responsabile Welfare Fabi Vincenzo Saporito dedicato alla previdenza complementare. Il titolo, “Previdenza complementare: asset nel futuro dei bancari”.
Quello dei fondi pensione è un argomento fondamentale per il mondo bancario, dove si registrano punte di adesione che superano il 90% della forza lavoro. La previdenza complementare rappresenta, infatti, un’opportunità di risparmio a cui lo Stato riconosce agevolazioni fiscali di cui altre forme di risparmio non beneficiano: ecco perché, come l’analisi di Saporito illustra, la previdenza rappresenta il migliore investimento per il lavoratore bancario.