A Roma, il 22° Congresso Nazionale della Fabi. Apertura dei lavori con la relazione introduttiva del Segretario generale Lando Maria Sileoni

Roma, Ergife Palace Hotel. Davanti a una platea di 1500 dirigenti sindacali, provenienti da tutta Italia, il Segretario generale Lando Maria Sileoni apre la prima giornata di lavori del 22° Congresso nazionale Fabi.

Da oggi a venerdì 16 giugno, cinque giorni di discussione, di confronto, di assunzioni di responsabilità, di visioni verso un futuro ancora da decifrare, ma su cui il sindacato ha le idee chiare: al centro del dibattito, il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore del credito, le fusioni in atto, le regole europee, la trasformazione digitale.

Ricco il parterre di ospiti e osservatori già nella prima giornata, tra dirigenti sindacali provenienti da tutti i sab nazionali e i protagonisti delle 6 tavole rotonde in programma, giornalisti di settore delle principali testate italiane, nonché i vertici di Abi e Federcasse e dei principali gruppi bancari e finanziari del Paese.

In un’epoca storica così travagliata è, infatti, innegabile il ruolo centrale delle banche, che rappresentano il tessuto connettivo della società e che, insieme ad essa, stanno vivendo un momento di forte trasformazione.

La relazione introduttiva del Segretario generale Lando Maria Sileoni parte dalle origini, quando tutto iniziò, 75 anni fa, a Milano. «Mancavano pochi giorni a Natale, a Milano era una domenica di sole, il

19 dicembre 1948, e in città, stranamente, soffiava il foehn, caldo vento del Nord. Un segnale? Un avvertimento? Un segno del destino? Di certo, fu il destino a farci innamorare dell’autonomia. Nacque così la Fabi, nacque così l’idea dell’autonomia. Il destino di un’idea che ci ha fatti arrivare fino ad oggi».

Sileoni entra poi in pieno discorso sindacale, e il rinnovo del contratto nazionale dei 280.000 dipendenti delle banche italiane è al centro dell’intervento.

«Dal 2010, ci hanno provato in tanti, in Abi, a far passare, nei rinnovi dei contratti nazionali, delle forzature a danno delle lavoratrici e dei lavoratori. Ma, come avete potuto toccare con mano, non ci sono riusciti. Volevano i prepensionamenti obbligatori, volevano la parte economica dello stipendio metà fissa e metà riconducibile soltanto ai risultati commerciali ottenuti, volevano la libertà più assoluta sulle esternalizzazioni, volevano togliere l’indennità di cassa, volevano imporci la mobilità selvaggia, volevano eliminare i contratti integrativi aziendali. Non ci sono riusciti. Anzi, abbiamo ottenuto il fondo per l’occupazione giovanile che ha garantito oltre 40.000 nuove assunzioni. E gli aumenti economici dei contratti sono stati sempre più che dignitosi».

Il discorso verte poi sulla situazione in Intesa Sanpaolo: «Per convincere Banca Intesa a rientrare nel comitato sindacale di Abi sarà fondamentale e indispensabile che Abi, e non io o la Fabi, costruisca insieme ad Intesa un percorso interno alla stessa Abi dove sarà fondamentale la presenza qualificata di personaggi che conoscono il mondo delle relazioni sindacali. Non abbiamo voglia di perdere tempo, ma abbiamo soltanto un obiettivo: portare a casa un contratto nazionale per la categoria, mettendo in condizione i sindacati aziendali e di gruppo di svolgere al meglio la loro attività con regole chiare e trasparenti. Se Intesa deciderà di non rientrare nel comitato sindacale di Abi, ci sarà il rischio concreto che, nell’attuale clima di competizione economica e politica fra gli stessi gruppi bancari, qualcuno possa seguire Intesa e uscire dal Casl. Sarebbe un danno enorme per tutti ma, ripeto, il percorso e l’iniziativa devono essere prese e tracciate da Abi, subito».

Sileoni sottolinea come, sebbene obiettivo del sindacato sia tutelare le persone che rappresenta attraverso accordi aziendali e di gruppo, non esista, tuttavia, l’obbligo di firmare accordi in «palese violazione del contratto nazionale che, inevitabilmente, danneggiano le persone che rappresentiamo. La gestione dei cambiamenti deve essere sempre condivisa ricordando che ogni decisione presa può arrecare danno ai lavoratori che rappresentiamo. E questo va assolutamente evitato».

Poi, la parte economica del nuovo contratto,  attesa da tutti i lavoratori bancari: «Sarà costruita sia sul recupero dell’inflazione sia sulla nuova importante redditività delle banche, che proseguirà sicuramente anche nei prossimi anni. Nel 2022, vi do solo questo dato estremamente significativo, le banche hanno realizzato più di 25 miliardi di euro di utili.

Per dire no alle nostre richieste economiche, serviranno delle motivazioni serie che però, oggi, non esistono. Dobbiamo sempre essere pronti a scendere in piazza».

Nella relazione, il Segretario generale ricorda il costante lavoro e i molteplici fronti su cui la Fabi da sempre opera. Un impegno che non ha conosciuto sosta, nemmeno durante il periodo pandemia e post-pandemia. «Non ci siamo fermati mai durante il Covid, sottoscrivendo protocolli a tutela di chi era esposto in prima linea. Abbiamo portato al Parlamento le pressioni commerciali, da allora trasformate da un problema di carattere sindacale, come volevano le banche, a un enorme problema di carattere sociale, come realmente sono, perché colpiscono anche la clientela. Abbiamo realizzato importanti analisi e ricerche, ci siamo occupati di risparmi, di inflazione, di usura, di educazione finanziaria, argomenti ripresi decine di volte dai telegiornali nazionali, in prima serata, con milioni e milioni di telespettatori e diventati, poi, oggetto di dibattito pubblico».

Le riflessioni conclusive del leader Fabi: «Il prossimo gruppo dirigenziale dovrà continuare a garantire: autonomia dei Sab, crescita qualitativa, presenza femminile e presenza dei giovani, confermando senso di appartenenza, coraggio e lungimiranza che ci hanno sempre contraddistinto fino ad oggi. I 75 anni della nostra vita rappresentano soltanto un numero: ora, sguardo in avanti, il futuro ci attende. Il nostro destino è nelle nostre mani».

Questa la chiosa finale del numero uno Fabi, seguita da un lungo, sentito, applauso. Dopo la benedizione di Monsignor Luis Felipe Navarro Marfà, Magnifico

rettore dell’Università Pontificia, è il Segretario generale aggiunto Giuliano De Filippis a prendere la parola e ad esporre la sua relazione, in nome e per conto dell’intera segreteria nazionale Fabi.

De Filippis analizza questa epoca storica, anni caratterizzati da drastici cambiamenti portati, anche, da eventi drammatici come pandemia e guerra, che si sono inseriti in un contesto di crisi economica globale che dura ormai da un decennio.

Nella relazione del segretario generale aggiunto, il tema del cambiamento,  il concetto di tempo e, soprattutto, il valore relativo del tempo: «Governare il cambiamento significa analizzare e incidere sulle circostanze affinché si raggiunga il risultato desiderato».

E con un inciso finale indica chi, tra tutti, è in grado di farlo: «Solo Lando sa sempre dove la nostra federazione si trova e dove sta andando, e sa anche a quale velocità. Una visione geniale e unica».

Il caporedattore di Class CNBC, Jole Saggese, prende in mano la conduzione dell’evento introducendo quello che è il vero clou della giornata, le sei tavole rotonde in programma.

“L’evoluzione delle banche e la tutela dei risparmi degli italiani” è il primo dei dibattiti sul palco: moderati dal vicedirettore del Tg5  Giuseppe De Filippi, sono  il presidente Abi Antonio Patuelli, l’editorialista Angelo De Mattia e la giornalista Laura Serafini del Sole 24 Ore a confrontarsi con il Segretario generale della Fabi.

«Gli aumenti del costo del denaro decisi dalle banche centrali occidentali non bastano per sconfiggere l’inflazione, che ha germi in elementi pubblici e privati», questa la dichiarazione del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che poi aggiunge: «La Bce ha iniziato più tardi, ha un tasso meno alto, ma che sembra che continui su questo indirizzo».

Secondo Patuelli, «vi sono 4 mesi di calo della produzione industriale, una riduzione delle esportazioni senza tener conto, per ora, dei danni incalcolabili che hanno colpito un bacino di 3 milioni di italiani». E ha sottolineato la necessità di avere «consapevolezza e spinta a migliorare e non fermarsi davanti ai numeri in maniera inerme. Siamo in mezzo a una fase complessa, nella quale dobbiamo tener conto di tutti i fattori, nazionali, europei e internazionali».

Il secondo dibattito, “Il contratto nazionale e il ruolo sociale delle banche”, vede alla conduzione il giornalista di Mattino Cinque Francesco Vecchi: a confrontarsi con Sileoni salgono sul palco lo chief executive officer di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, il direttore responsabile Sole 24 Ore Fabio Tamburini, il vicedirettore di Mf Milano Finanza Fabrizio Massaro, il giornalista del Corriere della Sera Federico De Rosa.

Tutta l’attenzione è puntata sul consigliere delegato di Intesa e il discorso  centra subito il tema delle retribuzioni, che vede la posizione di Messina nettamente in linea con le richieste sindacali: «Il tipo di stipendio che viene percepito dalla gran parte delle persone in banca richiede di fare interventi in un momento come questo. In una fase in cui c’è un incremento della redditività significativa, non è in nessun modo accettabile non concedere aumenti consistenti ai lavoratori in banca. Io mi ritrovo con le richieste fatte dai sindacati», queste le parole di Carlo Messina. Che aggiunge: «Con un utile netto di 7 miliardi di euro, non ho il coraggio a guardare in faccia le persone e dire che mi metto a negoziare su questo aspetto».

Il banchiere ha anche detto di vedere con grande favore la possibilità della partecipazione dei dipendenti agli utili. Ipotesi che ha detto di aver chiesto di studiare all’interno della banca.

Messina mostra poi soddisfazione per la stabilità rappresentata dal governo Meloni, un fattore molto importante che «ci differenzia da tutti gli altri sistemi politici d’Europa in questa fase. È un punto estremamente positivo che consente un arco temporale pluriennale nel quale si possono realizzare investimenti. In questa situazione – ha aggiunto – si può accelerare l’indispensabile crescita per rafforzare il posizionamento in Europa dell’Italia, ridurre le diseguaglianze e rendere sostenibile il nostro debito».

Attesa la dichiarazione del Ceo riguardo l’uscita del gruppo bancario dal comitato sindacale Abi: «Siamo il più grande datore di lavoro privato in Italia. La nostra priorità è quella di tutelare le 70mila persone che lavorano nella nostra banca per realizzare un contratto che possa essere considerato il migliore che possa essere firmato. È una scelta che deriva dalla nostra dimensione aziendale». Senza escludere «la possibilità di percorsi di convergenza da realizzare in futuro».

È poi il momento del dibattito che vede salire sul palco, insieme al segretario generale Fabi, l’amministratore delegato di Bper Piero Luigi Montani, il vicedirettore di Mf Milano Finanza Fabrizio Massaro, il caporedattore de Il Giornale Marcello Zacché, il giornalista del Corriere della Sera Andrea Rinaldi. A moderare, Francesco Vecchi di Mattino Cinque.

“L’industria bancaria e le nuove esigenze del Paese”, questo il titolo del confronto.

Anche l’Ad di Bper Montani apre riguardo alle richieste sindacali relative alla parte economica per il rinnovo del contratto nazionale del settore del credito. «Volete che dica una cosa diversa da Messina?», ha detto Montani, scherzando, dal palco congressuale. «L’aspetto economico – ha affermato – è importante, ma non il più importante. Credo che Messina abbia ragione, stiamo negoziando e sono convinto che si chiuderà bene e velocemente. Credo si farà e credo la parte economica non sia la più importante. Il mondo delle banche sta cambiando e le banche sono diverse l’una dall’altra. Se non andiamo avanti nella direzione di contratti più flessibili rischiamo delle rigidità che frenano i cambiamenti in atto».

A proposito del gruppo di Rocca Salimbeni, Montani, che lo scorso venerdì ha ribadito di non essere interessato ad un’aggregazione con la banca senese, nel corso della tavola rotonda si chiede a chi possa servire un terzo polo bancario italiano: ed è Sileoni a rispondergli che la richiesta arriva, soprattutto, dalla Bce.

La tavola rotonda successiva ha come oggetto proprio il destino di Monte dei Paschi di Siena:  “Il futuro della banca più antica del mondo”, questo il titolo, vede il vicedirettore del TG La7 Andrea Pancani a moderare il dibattito. Sul palco, l’amministratore delegato di Mps Luigi Lovaglio, il direttore di Mf Milano Finanza Roberto Sommella, i giornalisti Federico De Rosa del Corriere della Sera e Pino Di Blasio del Quotidiano Nazionale  si confrontano con Lando Maria Sileoni, affiancato dal segretario nazionale Franco Casini.

«Attorno al Monte dei Paschi serve costruire un terzo polo e il Governo non si trascini un altro anno per trovare una soluzione». È questo l’auspicio di Sileoni, che ricorda che la Commissione europea ha concesso fino al 2024 al Governo italiano per cedere la quota di controllo nella banca di Rocca Salimbeni, salvo ulteriore proroga. «Sarebbe assurdo arrivare al giugno del 2024 con il Governo che non ha una soluzione in mano», afferma Sileoni.

“I sindacati e la contrattazione nazionale”, quarta tavola rotonda, vede riuniti tutti i vertici delle organizzazioni sindacali del credito: moderati dal vicedirettore del TgLa7  Andrea Pancani, oltre al segretario generale della Fabi Sileoni, prendono posto il segretario generale First Cisl Riccardo Colombani, il segretario generale Fisac Cgil Susy Esposito, il segretario generale Uilca Fulvio Furlan, il segretario generale Unisin Emilio Contrasto. Con loro, il presidente Casl Abi Ilaria Dalla Riva e le giornaliste Cristina Casadei del Sole 24 Ore e Rita Querzè del Corriere della Sera

Le dichiarazioni di Carlo Messina sull’aumento in busta paga sono al centro delle riflessioni da parte sindacale.
Secondo Riccardo Colombani, «la visone della persona al centro dei processi economici e sociali è una frontiera che ci vede assolutamente favorevoli. Corretto che vi sia una declinazione della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, questa apertura per noi è particolarmente importante, deve essere colta».

Per Susy Esposito, «per combattere l’inflazione bisogna spingere sulla domanda, aumentando i salari».

Le fa eco Furlan: «il riconoscimento dell’impegno dei lavoratori che hanno fatto progredire il settore va declinato sull’aspetto economico, in un’ottica di sostenibilità e di benessere lavorativo».

Emilio Contrasto apprezza e condivide «la posizione di Messina riguardo l’importanza dell’incremento salariale e della partecipazione agli utili da parte dei lavoratori».

Secondo Ilaria Dalla Riva, non così in linea con le opinioni espresse, sarà «importante fare una sintesi tra le tante diverse aziende, un percorso da fare con le organizzazioni sindacali. La storia dei contratti dice che si è riusciti sempre a tenere insieme tutto il settore, e questo è positivo».

Poi, il discorso verte sulla sfida alla digitalizzazione, argomento che vede tutti i vertici sindacali d’accordo nell’affermare che nuove professionalità richiedano, semplicemente, una accelerazione delle assunzioni nell’ottica di un sano e naturale turnover.

Per “Il credito e il territorio: crescita e sviluppo”, ultima tavola rotonda della giornata, torna alla conduzione Jole Saggese. Sul palco, prendono posto il direttore generale Iccrea Banca Mauro Pastore, il direttore responsabile Formiche.net Giorgio Rutelli, il giornalista del  Corriere Federico De Rosa. Ad affiancare Sileoni, il coordinatore Fabi Iccrea Piergiuseppe Mazzoldi e il segretario nazionale Luca Bertinotti.

Il tema della fiducia al centro. Pastore, esponendo le caratteristiche delle banche di credito cooperativo, spiega perché  questa tipologia di istituti incontra il favore dei risparmiatori:  la clientela si fida della “banca di territorio” e affida pertanto i propri depositi perché è un “credito di prossimità”, un credito di relazione. Le Bcc sono un modello di successo grazie al mantenimento del fondamentale rapporto della banca con imprese e famiglie.

L’inciso di Pastore: «Il presidio sul territorio è un valore straordinario. Noi vogliamo pertanto che la digitalizzazione sia solo uno strumento in più, che affianchi il lavoratore, la filiale. Il digitale non sostituirà mai la relazione e il contatto diretto con le persone».